Buttigliera d’Asti
(foto @ Buttigliera d’Asti)
Punti di interesse
Dove mangiare
Dove dormire
Cibo a km 0
Buttigliera sorse negli armi 1263-69 per volontà del comune di Asti, il quale, tolto il castello di Mercuriolo ai conti di Biandrate, costrinse i suoi uomini a insediarsi nella regione detta Butiglaria, a meno di un chilometro a nord del castello. Divenuti di diritto cittadini di Asti, i buttiglieresi godettero per molto tempo di un’ampia autonomia amministrativa e giudiziaria, testimoniata anche dagli statuti locali rifatti nel 1471.
Nel sec. XVI la vita del paese fu sconvolta da pestilenze e soprattutto dalle guerre tra francesi e spagnoli che insanguinarono il Piemonte fino al 1559, quando le terre astigiane passarono sotto il dominio di Emanuele Filiberto di Savoia. Da questo duca il Comune ottenne la conferma degli statuti e la conservazione di tutti gli antichi privilegi. Tale autonomia durò fino al 1619, allorché Buttigliera fu infeudata al generale Erlesto di Mansfeld. Dopo di lui il feudo passò a Matilde di Savoia, sorella del duca, poi a Bernardino Gentile generale delle finanze. In seguito pervenne ai Baronis, quindi all’avvocato Giuseppe Biglione e finalmente ai Freilino, conti di Pino.
Le infeudazioni non furono però, le peggiori sventure: nel Seicento e nei primi decenni del Setecento il paese soffrì per epidemie, carestie e in modo particolare per i frequenti passaggi di soldatesche, spesso accompagnati da saccheggi e distruzioni. La situazione migliorò dopo la pace di Aquisgrana (1748).
Cessate le guerre, Buttigliera parve rifiorire. Si svilupparono le attività agricole e commerciali e ciò favorì il rinnovamento edilizio e la crescita della popolazione. Si affermò «l’industria dei vasi terracei» divenendo la più rinomata della provincia.
Nel 1814 l’erudito astigiano Gian Secondo De Canis visitò il paese, descrivendolo con termini lusinghieri. Ammirò, infatti, la sua campagna «fertilissima di grani, canape e lini»; i pendii collinari ricoperti di «belle vigne»; l’orto botanico del conte Freilino, «il migliore che vi sia in Piemonte, provvisto di oltre seimila piante tutte rare» (scomparso alla fine dell’800); le strade regolari dell’abitato «quanto mai bene fiancheggiate da belle fabbriche e ben comode». In effetti nella seconda metà del Settecento si restaurarono o si costruirono ex novo, strade, case, cascine, palazzi e chiese.
Nel 1789 fu terminato il nuovo campanile della parrocchiale, grazie al lavoro gratuito degli abitanti. L’opera per le sue belle forme e per la sua altezza divenne ben presto il simbolo del paese. In quegli anni la popolazione iniziò ad aumentare e tale tendenza continuò per tutto l’Ottocento. Agli inizi del Novecento si verificò il fenomeno opposto, a causa di un flusso migratorio verso Torino.
Il Terzo Paradiso e’ un segno/simbolo ideato da Michelangelo Pistoletto che inscrive nel simbolo dell’infinito un cerchio, evocativo a sua volta dei cicli della rigenerazione della materia e della circolarita’ del tempo. Il Terzo Paradiso e’ la fusione fra il primo e il secondo paradiso. Il primo e’ quello in cui gli esseri umani erano totalmente integrati nella natura. Il secondo e’ il paradiso artificiale, sviluppato dall’intelligenza umana, fino alle dimensioni globali raggiunte oggi con la scienza e la tecnologia. Questo paradiso e’ fatto di bisogni artificiali, di prodotti artificiali, di comodita’ artificiali, di piaceri artificiali e di ogni altro genere di artificio. Si e’ formato un vero e proprio mondo artificiale che, con progressione esponenziale, ingenera, parallelamente agli effetti benefici, processi irreversibili di degrado e consunzione del mondo naturale. Il Terzo Paradiso e’ la terza fase dell’umanita’, che si realizza nella connessione equilibrata tra l’artificio e la natura. Terzo Paradiso significa il passaggio a uno stadio inedito della civilta’ planetaria, indispensabile per assicurare al genere umano la propria sopravvivenza. A tale fine occorre innanzi tutto ri-formare i principi e i comportamenti etici che guidano la vita comune. Il Terzo Paradiso e’ il grande mito che porta ognuno ad assumere una personale responsabilita’nella visione globale. Il termine paradiso deriva dall’antica lingua persiana e significa “giardino protetto”. Noi siamo i giardinieri che devono proteggere questo pianeta e curare la societa’ umana che lo abita. Questo non puo’ che realizzarsi attraverso un passaggio evolutivo nel quale l’intelligenza umana trova i modi per convivere con l’intelligenza della natura. Il Terzo Paradiso e’ il nuovo mito che porta ognuno ad assumere una personale responsabilita’ in questo passaggio epocale (..)
Michelangelo Pistoletto
Prima di introdurre i contenuti e gli obiettivi del progetto PISTAAA: La Blue Way Piemontese si ritiene necessario fornire un approfondimento del contesto che che prevede la ri-valorizzazione e tutela di un territorio periferico/rurale al di la’ della collina torinese, attraverso la realizzazione di un tracciato ciclopedonale tra sentieri e strade bianche, congiungendo tratti di pista gia’ esistenti e creando dove necessario piccoli nuovi collegamenti. L’utilizzo delle strade bianche e di quelle dove la viabilita’ carrabile e’ ridotta, sia in fatto di numeri che in velocita’, permettera’ di dare spazio e rilevanza a quelle strade che oggi sono poco utilizzate e valorizzare il paesaggio naturale, architettonico e culturale circostante. L’idea della ciclovia, e’ nata su iniziativa dell’ Associazione CioCheVale, con l’ambizione di incentivare il cicloturismo, ma soprattutto diventare uno strumento di sviluppo del territorio, attraverso il coinvolgimento e la sensibilizzazione delle Istituzioni, Associazioni, e stakeholder locali.