Il SIC IT1110035 “Stagni di Poirino-Favari”
“La prossima volta che inizia a piovere…
stenditi sulla pancia, affonda il tuo mento
nell’erba, e guarda come cade la pioggia dal punto di vista della rana…La visione di centinaia di fili d’erba che si inchinano e si rialzano come tasti di un pianoforte mi colpisce come uno degli spettacoli più belli del mondo.”
(Malcom Margolin)
Un piccolo anfibio, della popolazione Pelobates fuscus insubricus, endemico della Pianura padana ma ormai rarissimo, nonostante grandi sforzi per la conservazione.
È presente negli stagni di Poirino-Favari, poco a sud di Torino, oggetto di varie iniziative di conservazione dal 1998 grazie a un progetto LIFE che ha permesso il ripristino dello stagno di Cascina Bellezza.
La sottospecie italiana Pelobates fuscus insubricus è indicata come prioritaria, quindi il sito Stagni di Poirino-Favari è di primaria importanza per la conservazione di questo anfibio.
La Zona Speciale di Conservazione è un territorio di 1.845 ettari che fa parte del sistema europeo di aree protette denominato Rete Natura 2000.
Pelobate Fosco è il nome di un piccolo anfibio, della popolazione Pelobates fuscus insubricus, presente negli stagni di Poirino-Favari, proposti quale sito della Rete Natura 2000 proprio per la presenza di questo anfibio endemico della Pianura padana, ormai rarissimo, nonostante grandi sforzi per la conservazione: in Piemonte le 21 popolazioni note nel 1985 si sono ridotte a 7 nel 2009. Il sito “Stagni di Poirino-Favari” (ZSC IT1110035), poco a sud di Torino, è oggetto di varie iniziative di conservazione dal 1998 grazie a un progetto LIFE che ha permesso il ripristino dello stagno di “Cascina Bellezza”. Qui dal 2002 l’Associazione Natura Cascina Bellezza ONLUS gestisce tre stagni dove dal 2005 è accertata e monitorata con continuità la presenza del Pelobate: Cascina Lai, Tetti Elia e Cascina Bellezza.
La ZSC IT1110035 “Stagni di Poirino-Favari”, è inserita nell’elenco dei siti di importanza comunitaria della Regione Biogeografica Continentale, approvati ed adottati con Decisione della Commissione 2004/69/CE del 22 dicembre 2003 e successivi provvedimenti, che identificano 14 Zone Speciali di Conservazione (ZSC) della regione biogeografica alpina e di 43 ZSC della regione biogeografica continentale insistenti nel territorio della Regione Piemonte
Poichè la sottospecie italiana Pelobates fuscus insubricus è indicata come “prioritaria”, ne risulta che il sito Stagni di Poirino-Favari è di primaria importanza per la conservazione di questo anfibio.
La Zona Speciale di Conservazione è un territorio di 1.845 ettari che fa parte del sistema europeo di aree protette denominato Rete Natura 2000.
All’interno della ZSC sono presenti una decina di piccoli invasi artificiali, alcuni dei quali rappresentano dei siti chiave per la riproduzione del Pelobate. Le aree comprese fra gli stagni, invece, vengono variamente utilizzate dalla specie durante la fase terrestre estiva e per il periodo di ibernazione invernale. Il territorio è caratterizzato da un intenso sfruttamento agricolo nonché dalla rapida espansione edilizia che riguarda la frazione Favari-Avatanei; tuttavia, le aree umide tutelate dall’Associazione (Cascina Bellezza e Cascina Lai) mantengono buone condizioni di naturalità, tanto da offrire riparo e sostentamento a numerose specie di flora e fauna ormai scomparse dal circostante “deserto agricolo”. La presenza di piccole aree naturali residue ha infatti un forte effetto attrattivo sulla fauna, che non trovando più habitat idonei altrove si concentra nelle poche zone poste sotto tutela.
Le popolazioni italiane del Pelobate Fosco sono usualmente attribuite alla sottospecie insubricus; i risultati di recenti studi filogeografici, hanno evidenziato che le popolazioni italiane presentano una notevole variabilità genetica e quindi sono estremamente importanti dal punto di vista della conservazione.
Il Pelobate fosco italiano è un anuro fossorio (per questa caratteristica detto anche “Rospo della vanga” di media taglia (4-6 cm). La testa, vista di profilo, è grande, convessa e con una protuberanza sull’occipitale. L’iride giallo-dorato è solcato da una pupilla ovale verticale; il timpano è poco visibile e le ghiandole parotoidi sono assenti. Sugli arti posteriori è visibile uno sperone metatarsale ben sviluppato, grazie al quale il Pelobate è in grado di scavare.
La pelle dorsale è relativamente liscia e spesso sono visibili dei piccoli puntini rossi, mentre la colorazione del dorso è bruna chiara con delle marmorizzazioni più scure, che formano dei disegni distintivi.
Il Pelobate fosco è un anuro fossorio che riesce a scavare grazie alla presenza di speroni metatarsali particolarmente sviluppati. In generale frequenta zone con terreno sabbioso a vegetazione bassa o annuale, come prati, brughiere e campi coltivati e in alcuni casi è presente anche nei boschi. Tra gli ambienti acquatici predilige i corpi d’acqua temporanei (maceratoi, risaie, stagni effimeri); di solito si tratta di siti di dimensioni piuttosto elevate, con almeno una zona profonda e una buona esposizione al sole.
Pelobates fuscus insubricus è una specie a riproduzione esplosiva; ad eccezione del periodo riproduttivo, durante il quale mostra una limitata attività diurna acquatica, conduce vita esclusivamente notturna. Normalmente non si allontana più di 400 m dal sito riproduttivo, trascorrendo gran parte della giornata infossato nel terreno. In corrispondenza delle prime piogge primaverili e nell’arco di poche settimane avviene la riproduzione e dopo l’accoppiamento gli adulti abbandonano il sito fino alla primavera successiva. Le uova sono deposte in cordoni gelatinosi lunghi alcune decine di cm; le larve crescono rapidamente fino a raggiungere circa 10-11 cm e la metamorfosi avviene prima dell’estate.
Il Pelobate fosco italiano è storicamente presente nell’Italia settentrionale, in particolare nella Pianura Padana, nel Canton Ticino e in Croazia. A partire dal ‘900 si è assistito ad una progressiva scomparsa di numerose popolazioni e alla drammatica frammentazione del suo areale.
Negli anni ’70 la sua presenza era stata confermata in Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna. Attualmente, nonostante i numerosi sforzi conservazionisti effettuati a partire dagli anni ’80, il numero di popolazioni si è ulteriormente ridotto: i nuclei più consistenti si trovano nella pianura a sud di Torino e nell’Eporediese, nella Lomellina, nel Cremonese, nel Varesotto e in Veneto. Recentemente un monitoraggio condotto in una delle aree storiche di presenza (Arsago Seprio) ha rilevato la presenza di un elevato numero di popolazioni in ottime condizioni. Inoltre, dalle esperienze di conservazione è emersa con sempre più evidenza la necessità di una gestione attiva dei siti riproduttivi per garantire la sopravvivenza di molte delle popolazioni storiche.
Dopo aver fornito un quadro conoscitivo delle caratteristiche generali del sito e aver valutato le esigenze ecologiche degli habitat e delle specie di interesse comunitario, nella necessità di assicurare la loro conservazione così come previsto dalla Direttiva Habitat, si pone degli obiettivi nell’ambito di una strategia gestionale. Il Piano di gestione è previsto dall’art. 4 del regolamento di attuazione della Direttiva.
Il quadro normativo di riferimento include direttive europee e convenzioni internazionali, quali la Convenzione di Ramsar sulle Zone Umide (1971), la Convenzione di Berna sulla conservazione vita selvatica e suoi biotopi (1979), la Convenzione di Bonn sulle specie migratrici (1983).
L’attuazione della Direttiva Habitat avviene attraverso la realizzazione della Rete Natura 2000, “una rete ecologica europea coerente di Zone Speciali di Conservazione”.
I Siti di Importanza Comunitaria (SIC) vengono proposti per contribuire a mantenere o ripristinare almeno un tipo di habitat naturale di interesse comunitario o tutelare almeno una specie animale o vegetale e per contribuire al mantenimento della diversità biologica nella regione biogeografica in questione. Le Zone Speciali di Conservazione (ZSC) sono Siti di Importanza Comunitaria in cui sono applicate le misure di conservazione necessarie per salvaguardare habitat o specie elencate negli allegati della suddetta Direttiva.
Nel Sito non esistono habitat di rilevante interesse ai sensi della Direttiva Habitat, ad eccezione di limitati habitat acquatici legati alla presenza degli stagni, che sono l’habitat di numerose specie animali e, in particolare, habitat di riproduzione degli anfibi. In tal senso il monitoraggio dello stato di conservazione degli stagni riveste una primaria rilevanza in quanto essenziali alla sopravvivenza di gran parte delle specie acquatiche di interesse che devono essere tutelate all’interno del Sito.
La sopravvivenza della specie Pelobates fuscus insubricus sull’altopiano di Poirino – Santena è probabilmente dovuta presenza diffusa di suoli sabbiosi, che da un lato hanno orientato le colture verso pratiche meno intensive e dall’altro hanno permesso a questa specie fossoria di adattarsi un po’ meglio all’antropizzazione del territorio.
Per la salvaguardia del Pelobàte e degli altri anfibi è necessario conservare i siti idonei ancora esistenti, nonché incentivarne la costruzione di nuovi per evitare l’isolamento delle popolazioni di anfibi. Le criticità principali sono costituite dalla scarsità e alterazione siti riproduttivi, dalla urbanizzazione del territorio, dalla mortalità dovuta a traffico veicolare e alle alle pratiche agricole e alla comparsa di specie esotiche.